Francesco Schiattarella

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 Brassica di campo.

Il grande escursionista della pittura naturalistica italiana esiste. Io l’ ho visto. Anzi l’ho seguito per mostre e per campi (per campi?), si, per campi. Francesco Schiattarella, per intensitá di esperienze narrative puó essere considerato - lo diciamo senza alcuna esitazione sui riscontri  - uno fra i piú importanti interpreti del paesaggio nature, che non è solo un’ appartenenza ideale al concetto naturalistico quanto una vera e propria militanza a livello di ambientalismo pittorico. Quindi, con Schiattarella non siamo di fronte al paesaggio belvedere dei numerosi serial painting dell’ erbismo italiano: con questo artista napoletano il paesaggio cessa di essere la cartolina del pubblico, replicata ab libitum,dei cloni cascelliani, per diventare un fatto assolutamente emotivo, intimo, pregno di umori vegetali e vegetanti. Sono ormai tanti anni che Francesco Schiattarella dipinge erba e rami e foglie e arbusti e distese di papaveri ed erbasanta. Dipingere è verbo un po’ sui generis per il pittore napoletano. Schiattarella non dipinge, entra in osmosi con la natura, ne carpisce l’essenza, ne estrae l’ humus più intenso e più gentile E’ una specie di trans quello in cui l’ artista si lascia andare quando - novello Van Gogh  - attraversa con in mano le tele vergini, i campi infiorati, le distese seminate a grano , i filamenti di girasoli. E qui, nell’ assoluto naturale della campagna……..

“quando non vi è più segno d’uomo e ogni clangore è spento…… direbbe il poeta, è qui che inizia questo inusitato rapporto d’ amore tra il pittore e la natura. Le sue mani incignano la tela bianca coprendola con inflorazioni gentili di colori e di segni, tanto che l’ impressione che se ne ricava non è quella di una incedere pittorico: sembra che le cromie solarmente disseminate sulla tela obbediscano a una interazione emulsiva, dove il narrato armonico tocca l’ orizzonte tra terra e cielo, senza che sia perso e asperso un solo valore di fedeltà al circostante. Non è da credere che l’ artista sia posseduto dal  dio Pan, o che Cerere ne benedica il raccolto pittorico o che san Firmino, protettore degli agricoltori,  a portare il pigmento soavemente colorato tra le vene della macrovegetazione che viene a stendersi sulla tela. E’ il paesaggista ( quanto riduttivo è il termine, in questo caso! ) che offre l’ effetto presenza al fruitore , quasi affacciandolo ad una finestra sui campi. E il certosino lavoro continua, per Francesco Schiattarella potremmo parlare di performance naturalistica, sino a quando la tela stessa dopo ore e ore nei campi, non odori essa stessa di agricoltura, per quella sorta di magia che solo innamorati pazzi della natura come  Schiattarella possono ottenere. 

Donat Conenna





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